Voglio che torni
Il punto di vista di Bluey
«Hai voglia di morire, non è vero?» disse una voce gelida, facendo scattare in piedi l’uomo che stava cercando di violentarmi. Si alzò di scatto dal mio corpo, con gli occhi sbarrati.
Non era così buio, perciò mi voltai verso la persona che aveva parlato e, con mia grande sorpresa, era lo strano uomo che avevo baciato in quel locale.
Mi misi subito a sedere e strisciai fino al muro, rannicchiando le gambe, dato che non potevo scappare via da lì perché entrambi gli uomini bloccavano l’uscita.
Non potevo credere di essere stata quasi violentata un attimo fa. A quel pensiero, non mi resi nemmeno conto che le lacrime avevano cominciato a scendermi dagli occhi.
«Ti do una possibilità: vattene come se non avessi visto niente. Ma se provi a intrometterti… allora te ne pentirai» disse l’uomo che aveva tentato di violentarmi, e per poco non mi scappò una risata.
Come può minacciare uno così grosso, quando non gli arriva neanche vicino? pensai, mentre cercavo un modo per superarli entrambi di corsa.
Il tipo che avevo baciato al locale ridacchiò dopo le parole dell’altro, ma non disse una parola. Continuò semplicemente a fissarlo con freddezza.
Quello che aveva provato a violentarmi vide una grossa sbarra di ferro per terra, la raccolse e corse verso l’altro uomo. Non so come fece… ma schivò il colpo e, prima che potessi dire “ah”, estrasse fulmineo un piccolo coltello dalla tasca e gli tagliò la gola. Un attimo dopo vidi il corpo senza vita dell’uomo cadere a terra con un tonfo sordo.
Fissai scioccata il cadavere sul pavimento, mentre il sangue continuava a sgorgargli dal collo. Feci l’unica cosa che so fare quando sono sotto shock e terrorizzata: cacciai un urlo assordante e alzai lo sguardo sull’uomo che avevo baciato. Notai una scintilla nei suoi occhi mentre fissava il morto, e l’unica cosa che riuscii a fare fu andare nel panico.
«Ti… ti prego… non uccidermi» dissi balbettando, alzandomi in piedi con il corpo madido di sudore.
Lui rise cupamente e cominciò a camminare verso di me. Giuro che in quel momento sentii che stavo per farmela addosso.
Si fermò proprio di fronte a me e dovetti abbassare lo sguardo per via della freddezza nei suoi occhi. «Ti prego… risparmiami» ripetei, e lui fece un altro passo, bloccandomi con il corpo contro il muro, così vicino che potevo sentire il suo respiro. Poi percepii quel profumo che avevo sentito quel giorno, quando io e Sasha stavamo tornando dal locale… Odorava esattamente di legno di cedro.
Mi tenne inchiodata al muro, poi all’improvviso sentii la sua mano risalire dall’ombelico fino al seno. La cosa peggiore è che non porto nemmeno il reggiseno. Mi toccò i seni e, stranamente, i miei capezzoli iniziarono a reagire al suo tocco, diventando subito duri.
Ti prego, non dirmi che sta per continuare da dove l’altro si è interrotto, pensai tirando su col naso. Perché questa serata è così fottutamente orribile? pensai, e mi venne il singhiozzo. Lui mi baciò il seno attraverso la canottiera, poi infilò le mani sotto il tessuto, stringendomi un po’ il seno sinistro nudo e facendomi strillare dal panico. E poi lo sentii mormorare: «Così morbido», e me lo strinse di nuovo.
Mi morsi il labbro inferiore, tremando, e lo sentii ringhiare sonoramente. Un attimo dopo, mi afferrò il collo come se volesse strozzarmi e poi schiantò le sue labbra sulle mie, baciandomi con una tale foga che sembrava volesse divorarmi.
Dopo qualche secondo non riuscivo più a respirare, così interruppi il bacio. Lui mi fulminò con lo sguardo e borbottò un…
«Non farlo», prima di riprendere a baciarmi. A quel punto, non potei fare altro che lasciarmi baciare fino a perdere i sensi, rimanendo immobile come una statua per non farlo infuriare.
Mi baciò per un tempo che parve un’eternità prima di staccarsi finalmente, e io inspirai a fondo, riprendendo fiato.
Fissò le mie labbra per qualche istante, poi abbozzò un sorriso inquietante.
«Cosa mi hai fatto?» mormorò, chiudendo gli occhi e facendo un respiro profondo.
«Me la pagherai per avermi fatto diventare così duro ieri notte, e me la pagherai per avermi fatto fare un sogno bagnato su di te… ma non oggi», disse, lasciandomi completamente confusa.
«Preparati, Bluey, perché vedrai spesso questa faccia. E ti prometto che al nostro prossimo incontro te ne starai sdraiata sul mio letto con le gambe spalancate mentre ti ficco il cazzo nella figa», disse, e con questo si allontanò, facendomi venire i brividi lungo la schiena.
Come diavolo faceva a sapere il mio nome? L’ultima volta che avevo controllato, non gli avevo detto di chiamarmi Bluey. Pensai di prendere il telefono e scappare, lasciando lì la verdura.
Corsi finché non arrivai vicino a casa, quando vidi Sasha venirmi incontro, usando il telefono come torcia. Sembrava che mi stesse cercando.
«Santo cielo, Bluey, dove diavolo sei stata?!» mi chiese preoccupata non appena mi vide, ma io le afferrai la mano e mi misi a correre verso casa.
Entrammo e chiusi subito la porta a chiave, respirando affannosamente, mentre Sasha continuava a fissarmi, confusa.
«Parlami, tesoro, che diavolo ti è successo? Dove sei stata? Dov’è la mia verdura? E perché diavolo stai correndo?» chiese, prendendomi per mano e trascinandomi su un divano in salotto.
«Io… sono quasi stata violentata», dissi, e lei sussultò.
«Tu… tu sei quasi stata violentata?» chiese, balbettando.
«Mi hai sentita, Sasha. Sono quasi stata violentata, ma qualcuno mi ha salvata, e non crederai mai chi è stato», dissi, deglutendo a fatica.
«Chi… chi ti ha salvata?» chiese lei.
«È stato quell’uomo che ho baciato al club, Sasha», risposi.
«Cosa?» disse lei, sbuffando incredula.
«Ha sgozzato l’uomo che aveva cercato di violentarmi, poi si è avvicinato e ha iniziato a toccarmi il seno… E mi ha anche baciata, Sasha. Pensavo che mi avrebbe soffocata a furia di baciarmi, fino a farmi svenire», raccontai, e lei fece una risatina, chiaramente confusa.
«Aspetta… quell’uomo che hai baciato al club ti ha salvata e poi ha anche iniziato a molestarti? Non capisco», disse, sbuffando sonoramente.
«Lo so, assurdo, vero? E non puoi immaginare le ultime parole che ha detto prima di andarsene», dissi, rabbrividendo al ricordo.
«Che ti ha detto?» mi chiese lei, attenta.
«Ha detto che gliela farò pagare per averlo fatto eccitare da morire e qualcosa su un sogno erotico. E ha anche detto che al nostro prossimo incontro sarò sul suo letto con le gambe spalancate… Oddio, Sasha, ho una paura tremenda» dissi, e lei mi strinse subito forte in un abbraccio.
«Mi dispiace tanto, Bluey, è tutta colpa mia… Se non ti avessi costretta a venire in quel locale e se non ti avessi mandato a prendermi la verdura a quest’ora, non sarebbe successo niente di tutto questo» disse, piena di rimorso, e si mise a piangere.
«Non devi piangere, Sasha. Dovresti essere tu a consolare me, adesso» dissi con una leggera risatina, sciogliendo l’abbraccio.
«Ti ricordi quando stavamo tornando dal locale e ti ho detto che ci stavano seguendo? Credo di aver avuto ragione, perché quell’uomo ha esattamente lo stesso odore di legno di cedro» continuai.
«Questo vuol dire che ci ha seguite fino a casa dal locale» affermò lei.
«Sì, Sasha. Sa persino che mi chiamo Bluey. Non mi ricordo di avergli detto il mio nome il giorno in cui l’ho baciato» dissi, mordendomi le labbra.
«Oddio, Sasha, sono in un guaio tremendo… E se facesse davvero quello che ha detto?» chiesi preoccupata, alzandomi dal divano.
«Cerchiamo di essere positive, Bluey. Sai che ti dico? Ti prenderò quello spray al peperoncino, nel caso dovessi incontrarlo di nuovo, e se si presenta a casa nostra chiameremo la polizia. E poi, sono cintura nera» disse Sasha, mostrando i muscoli, cosa che mi calmò all’istante.
«Grazie, Sasha» dissi con un sorriso.
«Prego, tesoro. Ora forza… andiamo a letto, è già tardissimo» disse, seguendomi in camera mia e sdraiandosi sul letto con me.
«Sono contenta che non ti sia successo niente, altrimenti non me lo sarei mai perdonata» disse con un sospiro.
«Sto bene adesso, è questo che conta, quindi dormiamo e basta» dissi, chiudendo gli occhi.
«Non credo di riuscire a dormire in camera tua, Bluey. Mi viene il mal di testa ogni volta che dormo con la luce accesa» la sentii dire dopo qualche secondo, e riaprii gli occhi.
«Ti prego, resta. Non voglio dormire da sola stanotte, e sai che non posso spegnere la luce perché soffro di nictofobia» dissi, mettendo il broncio.
«E va bene, allora dammi la tua mascherina per dormire» disse lei con un sospiro, prendendola dal comodino.
«Buonanotte, Sasha» mormorai, chiudendo gli occhi.
«Sogni d’oro, piccola» la sentii dire prima di scivolare nel sonno.
Da qualche parte in Messico
«Ti prego… ti prego… risparmia me e la mia famiglia, signore. Prometto che ti restituirò i soldi la settimana prossima» supplicò un uomo, ma le sue preghiere caddero nel vuoto, perché l’uomo con la pistola ridacchiò e gliela puntò dritta alla fronte.
«Hai detto la stessa cosa la settimana scorsa, e ti ho concesso questa settimana… E ora vuoi provare a fregarmi di nuovo?» disse con voce cupa, scoppiando in una fragorosa risata.
«Ti farò guardare mentre mi fotto tua figlia e tua moglie per avermi fatto perdere tempo prezioso, prima di piantarti una pallottola in testa» disse l’uomo, facendo cenno alle sue guardie di avvicinarsi.
«No, signore, la prego, non lo faccia! Mia figlia ha solo diciotto anni!» urlò in lacrime.
«Non mi interessa... Portatelo nell'ultima stanza al piano di sopra!» disse quello, andandosene mentre i suoi uomini afferravano l'uomo e lo trascinavano su per le scale.
Lo portarono nella stanza e lo legarono a una sedia di fronte a un letto. Lui ricominciò a supplicare.
«La prego, non faccia questo alla mia povera famiglia, signore! Le restituirò i soldi la settimana prossima!» gridò, ma nessuno gli rispose, finché non sentì la porta spalancarsi di colpo. Sua moglie e sua figlia vennero spinte dentro da alcuni uomini.
«Papà! Tesoro!» urlarono la moglie e la figlia, cercando di raggiungerlo, ma gli uomini non glielo permisero. Anzi, le gettarono sul letto.
L'uomo malvagio entrò nella stanza e loro iniziarono subito a implorarlo, ma fu tutto inutile, perché lui si stava già togliendo la cintura.
«La prego, signore, non mia moglie e mia figlia!» urlò l'uomo, impotente, ma non ottenne risposta.
«Tappategli la bocca, a lui e a sua moglie. Inizio con la figlia e non voglio sentire volare una mosca» disse. I suoi scagnozzi gli sigillarono la bocca e tutto ciò che si sentì furono solo dei suoni soffocati.
«La prego, signore, non mi faccia del male! Sono vergine. Mio padre la ripagherà la settimana prossima» disse la ragazza esile.
«Ancora meglio! Adoro le vergini, hanno la figa così stretta. Adesso spogliati e sali sul letto» disse lui con la sua voce spaventosa. La ragazza non ebbe altra scelta che obbedire. Fissò i genitori con le lacrime agli occhi e iniziò a togliersi il vestito, rimanendo completamente nuda di fronte a loro.
«Cazzo, come sei fresca!» gemette lui, e si tolse i boxer, restando nudo. La spinse sul letto e le salì sopra con un sorrisetto stampato in faccia.
«Voglio darti un consiglio, tesoro: non supplicarmi, o potrei fotterti fino a farti morire» disse, e le allargò le gambe, facendole scivolare il cazzo nella sua figa vergine mentre la ragazza urlava di dolore.
#20 minuti dopo#
«Ti prego... basta...» disse la ragazza debolmente per l'ennesima volta.
«Ahi, ti prego... mi stai facendo male!» gridò di nuovo, ma l'uomo non aveva la minima intenzione di fermarsi. I genitori della ragazza non riuscivano a guardare, ma non potevano fare altro che piangere. Dopo qualche minuto, l'uomo venne con un grugnito, il corpo madido di sudore, e scese dal letto.
«So di aver detto che mi sarei scopato anche la moglie, ma credo di essere soddisfatto della figa di questa puttana... e la terrò come mio giocattolo sessuale» disse, poi si rivolse ai suoi uomini.
«È il vostro giorno fortunato, ragazzi. Potete prendervi sua moglie» disse agli scagnozzi nella stanza.
Gli uomini portarono anche la moglie sul letto e le fecero la stessa cosa. L'unica cosa che il marito poté fare fu piangere.
«Nella tua prossima vita, non chiedere mai più soldi in prestito a uno come me» disse l'aguzzino con voce cupa, puntandogli la pistola alla fronte e premendo il grilletto, per poi uscire dalla stanza.
Il suo telefono iniziò a squillare dalla tasca, così rispose subito.
«Sì, Draco, che si dice?» disse con un sorriso sinistro.
«Tutto bene... sembri eccitato.»
«Lo sono, infatti. Che succede?»
«Ti rivoglio qui, Giveon. Ho bisogno del tuo aiuto per una cosa, e penso che saresti perfetto.»
