Capitolo 10
Scossi la testa. «No. Questo non è un ballo qualunque. È un evento a cui parteciperanno tutti i fae d’ombra più importanti della nostra corte e dei regni vicini per celebrare il nostro fidanzamento. E lì dovrò presentarti a tali ospiti.»
Detto questo, ripresi a camminare verso i giardini; Seraphina si affrettò a raggiungermi. Era rimasta a bocca aperta, con gli occhi sgranati per l’incredulità. Mi venne in mente l’immagine di un pesce fuor d’acqua, che apriva e chiudeva le labbra. Ridacchiai.
Seraphina mi guardò, stringendo gli occhi. «Sono contenta che il mio disagio ti diverta,» disse, con la voce venata di sarcasmo.
Feci un sorrisetto compiaciuto. «Le donne non dovrebbero trovare affascinanti i balli? Pensavo viveste per l’adorazione dei vostri sudditi e per l’opportunità di sfoggiare bei vestiti.» Naturalmente, lo dissi con una buona dose di sarcasmo.
Seraphina sollevò il labbro superiore in un sorriso letale che le scoprì le zanne. «Allora direi che non mi conosci affatto,» disse. «Non sopporto la folla e gli stronzi pomposi che smaniano per conoscermi solo per ottenere favori.» Alzò gli occhi al cielo e rabbrividì.
Un’altra risata mi rimbombò nel petto. Raggiungemmo le porte gemelle che conducevano ai giardini e ne aprii una, lasciando passare Seraphina. La seguii. Lei si fermò, aspettando che tornassi a camminare al suo fianco.
Incrociando le braccia dietro la schiena, canticchiò tra sé e sé e guardò il sole che si alzava nel cielo, tra le nuvole vaporose sospinte dalla brezza. «Cosa si fa ai vostri balli, oltre a quello che hai detto? Non credo possano essere come quelli dei lupi mannari, le nostre usanze sono diverse.»
Alzai una spalla. «Non possono essere poi così diversi,» ribattei. Elencai le somiglianze contando sulle dita. «Indossare abiti eleganti, presentarsi davanti ai reali, intrattenersi in un sacco di discorsi noiosi, mettersi in posa, sproloqui vuoti…»
Seraphina si portò una mano alle labbra e ridacchiò. Le sfuggì un piccolo grugnito e si coprì subito la bocca con la mano, il viso contratto dal disappunto. Scoppiai a ridere.
Seraphina grugniva mentre rideva solo quando trovava qualcosa di estremamente divertente, e in ognuna di quelle rare occasioni non potevo fare a meno di ridere anch’io. Era tenero. Persino dolce…
Colpendomi il braccio, Seraphina ringhiò: «Non ridere! È molto sconveniente per una signora grugnire, e così non fai che mettermi ancora più in imbarazzo.»
Mi morsi l’interno della guancia nel tentativo di soffocare le risate. «Scusa,» gracchiò la mia voce.
Sulle labbra carnose di Seraphina si formò un broncio, e i miei occhi si fissarono su quell’arco voluttuoso. La bocca mi si riempì di saliva mentre il desiderio mi travolgeva come una fiamma spazzata dal vento. Come bramavo premere le mie labbra sulle sue, spingere la lingua nel calore umido della sua bocca e mostrarle come avrei preso il resto del suo corpo, se solo avessi potuto venire dentro di lei.
Gli occhi di Seraphina si spalancarono lentamente e le sue narici si dilatarono quando colse l’odore della mia eccitazione. Stavolta non me ne importò un accidente. Ero troppo sopraffatto dalla lussuria, e una luce viola intenso iniziò a offuscarmi i bordi della vista.
Merda…
I miei occhi si stavano illuminando, mostrando quanto fossi vicino a mandare al diavolo le redini con cui controllavo il mio corpo.
Il petto di Seraphina si alzava e abbassava per il respiro affannoso, mentre il suo stesso desiderio si diffondeva nell’aria, mescolandosi al mio. Potevo sentire il suo profumo, il suo calore umido: il suo sesso che si inumidiva, preparandosi per me. Si mosse a disagio, sfregandosi le cosce. Quel singolo movimento mi spinse sull’orlo del precipizio, a cui mi aggrappavo ormai con un solo dito.
Indietreggia… allontanati da lei, cazzo… mi ringhiai dentro.
Ero a cinque secondi dal prenderla lì, nel giardino, stendendola dolcemente sul soffice letto d’erba, strappandole il corpetto del vestito e prendendomi tutto il tempo con lei, a cominciare da quei seni prosperosi che mi chiamavano come il canto di una sirena.
Seraphina dovette percepire quanto fossi vicino a perdere il controllo, perché indietreggiò e distolse lo sguardo. «Uhm…» disse, con la voce spezzata dal desiderio. Si schiarì la gola e ci riprovò, stavolta con più forza. «Immagino che dovremo anche ballare di nuovo quel valzer compassato.»
Sbattei le palpebre con forza, cercando di scacciare la lussuria che mi annebbiava la mente. «Cosa?» chiesi, con la voce roca.
Lei scrollò una spalla. «Sai, il ballo che le coppie del momento eseguono alle feste. Vecchi passi noiosi e carichi di storia.»
Sbattei di nuovo le palpebre. Un’angoscia opprimente mi si attorcigliò nelle viscere.
«Che c’è?» domandò lei, inclinando la testa di lato.
Mi sbattei il palmo sulla fronte, per poi passare la mano su tutto il viso. «Stelle maledette,» ringhiai.
Se mi infiammavo a tal punto solo guardando le sue labbra piene, come diavolo avrei fatto a non andare a fuoco ballando lo Shahar con lei?
«Lysander?»
«Non è un valzer,» dissi lentamente.
Lei inarcò un sopracciglio. Io serrai la mascella. «E allora che diavolo è?» chiese, incrociando le braccia sul petto e facendo risaltare ancora di più il seno. Trascinai lo sguardo sul suo viso. Mi ci volle ogni briciolo di forza di volontà per tenerlo fisso sui suoi occhi e non sul décolleté che mi sbirciava.
Mi ritrovai ad agitarmi al solo pensiero di doverle spiegare i nostri balli. Mi massaggiai la nuca, guardandola negli occhi. «È…» Deglutii a fatica. «È un ballo più intimo del valzer. Lo chiamiamo Shahar. Significa “Flusso degli Amanti”.»
Gli occhi di Seraphina si spalancarono. «Flusso degli Amanti…» ripeté in un eco, con la voce che le si abbassava a un sussurro roco. La morsa nel mio stomaco si strinse violentemente. La sua pelle aveva quasi raggiunto la sfumatura brillante dei suoi capelli. Si strofinò una tempia, emettendo un gemito soffocato.
«Bene, allora,» disse Meredith, con la voce che echeggiava sotto l’alto soffitto. La ballerina professionista era in piedi al centro della sala da ballo, il suo sguardo castano e scintillante che scrutava sia me che Seraphina. «Indossiamo l’abbigliamento tradizionale per lo Shahar… ora non ci resta che impararlo alla perfezione.»
Fece un passo avanti, le gambe lunghe e snelle che scivolavano senza sforzo sul marmo lucido. Allungò le mani e le posò sulla vita di Seraphina, facendola voltare verso di me. «Assumete le posizioni,» ordinò.
Seraphina era di fronte a me, ma teneva lo sguardo fisso sul pavimento. Le punte delle orecchie le bruciavano e si muoveva a disagio. Le sue dita si aggrapparono al bordo del corsetto, nel tentativo di tirarlo giù a coprire l’addome scoperto, ma fu tutto inutile.
Diavolo, avrei voluto tirarglielo giù io stesso, quel dannato coso, qualsiasi cosa pur di impedirle di mostrarmi quella pelle color panna, di tentarmi a leccarla con la lingua. Indossava uno degli abiti più rivelatori che avessi mai visto. E questo la diceva lunga, perché, essendo cresciuto partecipando alle feste reali della Corte d’Ombranera, di pelle ne avevo vista parecchia. Un corsetto aderente di pelle nera le fasciava il busto come una seconda pelle; l’orlo scollato rivelava il suo seno abbondante e i suoi contorni. Solo le areole erano nascoste alla vista. Il corsetto scendeva a sfiorare appena l’attaccatura dei fianchi, lasciando la pelle liscia del suo addome nuda davanti al mondo intero. Il piccolo taglio del suo ombelico mi fece l’occhiolino.
Il mio sguardo scese più in basso, mentre l’eccitazione mi bruciava nelle viscere. La minigonna di pelle abbinata lasciava a malapena spazio all’immaginazione. Le frange si fermavano appena sotto la curva del sedere, rivelando le sue cosce tornite e le graziose fossette dietro le ginocchia. Un paio di tacchi con i laccetti completavano quell’insieme diabolico.
Seraphina mi sbirciò da sotto le ciglia imbronciate. Mi sorprese a spogliarla con gli occhi, e le sue guance si tinsero di un bel rosa.
«Ehm,» fece Seraphina, leccandosi le labbra mentre guardava Meredith. «Devo proprio indossare questo abito al ballo?» Tirò di nuovo la gonna, in un inutile tentativo di allungarla.
Meredith inarcò un sopracciglio severo. «Come ho già detto, Vostra Altezza, questo è l’abbigliamento tradizionale per ballare lo Shahar.»
«E chi ha autorizzato lo Shahar?» domandò Seraphina.
Le narici dell’istruttrice di ballo si dilatarono e i suoi occhi lampeggiarono, come se si fosse offesa che Seraphina avesse anche solo osato mettere in discussione una cosa simile.
«Mio padre,» ringhiai, stringendo le mani a pugno lungo i fianchi. Volevo squarciare qualcosa, i miei artigli fremevano dalla voglia di affondare. Mio padre voleva forse che gli occhi di ogni uomo nella sala si aggrappassero a Seraphina, che divorassero il suo corpo?
No. Lei è mia e soltanto mia.
Lo sguardo di Meredith si spostò su di me, fulminandomi con severa disapprovazione per il mio tono di voce.
«Oh,» disse Seraphina debolmente. Serrò le labbra e si mosse di nuovo. Stavolta intravidi il lampo di una natica rotonda.
Che le stelle mi aiutino…
