Capitolo 3

Mi ritrovai a camminare avanti e indietro per le mie stanze, annegando in un turbine di pensieri, quando un leggero bussare risuonò alla porta. Mi bloccai di colpo, gli occhi che saettavano verso l'ingresso.

Dopo un istante, una voce femminile venata di preoccupazione mi chiamò: «Sono io».

Un'ondata di irritazione mi prese allo stomaco. Avrei preferito non vedere nessuno in quel momento. Eppure, il senso di colpa mi rodeva il petto. Rosalina non meritava il mio umore nero.

«Entra».

La porta si spalancò, rivelando sulla soglia la sorella del mio defunto amico. Le lacrime le luccicavano negli occhi d'argento. La sua figura esile tremava, sull'orlo di un pianto a dirotto. Feci un passo verso di lei.

«Ehi», dissi a bassa voce. «Che succede?». Trasalii tra me e me. Ma che diavolo sto dicendo? Il suo mondo è appena andato in pezzi.

Rosalina si precipitò in avanti, stringendomi le braccia intorno alla vita e affondando il viso contro il mio petto. «Stupido!» gridò, singhiozzando apertamente.

Le passai una mano tra le onde castane, la massa setosa che le scendeva lungo la schiena. «So che oggi è stata dura», mi schiarii la gola, «ma non hai nulla di cui preoccuparti».

Lei tirò su di scatto la testa, con gli occhi che brillavano di sospetto. «Ne sei proprio sicuro?».

Lo sguardo che mi lanciò mi gelò il sangue nelle vene.

«Che cosa vorresti dire?».

Le sue dita si conficcarono nella mia schiena, come per trattenermi con la forza. «Ti ho sentito. Anche se ero seduta molto in alto, nella sezione della plebe, ti ho comunque sentito dire alla regina Celeste che tu…», il labbro inferiore le tremò, «…che hai corteggiato la principessa dei lupi mannari».

Mi sforzai di non fare una smorfia.

Maledizione… qualcuno aveva sentito.

«Dimmi che non è vero».

Afferrai Rosalina per le spalle, incapace di trovare le parole per negare.

Rosalina scosse la testa, incredula. Si tirò indietro, divincolandosi dalla mia presa. «Oh, dei… tu la ami». Sputò quelle parole come se Seraphina fosse un abominio. E per la nostra gente, la sua specie lo era.

Scossi la testa con foga. «No, non è vero».

Ma la bugia mi graffiò la gola mentre saliva, come un fascio di spine.

Dovevo dire qualsiasi cosa pur di tenere Rosalina con me. Non potevo perdere anche lei e infrangere la promessa sacra fatta a Kieran. Ero un uomo di parola, e sarei stato dannato se l'avessi infranta proprio ora.

La voce di Rosalina si fece più acuta, gli occhi sgranati quasi sull'orlo dell'isteria. «Hai intenzione di sposare quella creatura, non è vero?». Tirò su col naso, lanciandomi uno sguardo accusatorio. «Pensavo di significare qualcosa per te. Pensavo che quello che avevamo trascendesse ogni legame. Erano tutte bugie?».

Strinsi Rosalina tra le braccia. Lei si divincolò nella mia stretta, scalciando: il suo piede colpì il mio stinco. Ma tenni duro. Non l'avrei lasciata andare. Avevo perso Kieran. Non solo, ma non avrei perso anche sua sorella. Eppure, mi sentivo a pezzi. Il mio corpo bramava Seraphina, il mio cuore soffriva per lei. La mia mente, però, combatteva contro quelle emozioni, volendo rimanere fedele a Rosalina.

Chinando la testa, affondai il viso tra i suoi capelli.

Anche se mi distruggerà… mentirò.

«Non la sposerò», dissi a Rosalina. Quelle parole quasi mandarono in frantumi ciò che restava della mia anima. «Te lo prometto».

«Ne sei sicuro?». La voce di Rosalina era timida ed esitante. Si scostò quel tanto che bastava per guardarmi negli occhi. «Il re sembra determinato».

«So che lo è. Ma troverò un modo per evitarlo».

Rosalina abbassò il mento, sconfitta.

«Ehi», dissi, uncinandole un dito sotto il mento per farle alzare il viso verso il mio. «Te l'ho promesso, no? Sai come sono quando si tratta di mantenere la parola data».

Dopo un attimo di pausa, lei annuì. «Lo so». Accennò un piccolo sorriso. «Ma non posso dire di essere ancora del tutto tranquilla».

Le massaggiai le spalle e le diedi un bacio leggero sulla fronte. «Meglio?», chiesi, alzando un sopracciglio.

Il suo sorriso si allargò. «Molto».

«Bene», dissi. Lanciando un'occhiata all'orologio sul comodino e sospirando, aggiunsi: «Il vertice sta per ricominciare. Dovremmo tornare».

Rosalina annuì, tremante. Feci per superarla, ma lei mi afferrò la mano. Mi voltai a guardarla. Cercava di ricacciare indietro le lacrime, sforzandosi di apparire coraggiosa di fronte all'inferno che stavamo per affrontare.

«Me lo prometti?»

Sforzai un sorriso che sentii tirare troppo sulla pelle. «Promesso.»

Ma mentre lo dicevo, lo sapevo: era una promessa che forse non sarei vissuto abbastanza a lungo da mantenere.

Entrammo nel lungo corridoio e camminammo fianco a fianco in silenzio. Comunque non sarei riuscito a parlare. Tenevo gli occhi fissi sul pavimento, con il cuore che martellava a ogni passo verso la Sala Grande. Mentre ci avvicinavamo alle porte, una figura in un abito d'argento raggiunse l'incrocio nello stesso istante. Scattai con la testa all'insù e il mio sguardo incrociò quelle accattivanti sfere di zaffiro.

Seraphina.

Accanto a me, Rosalina si irrigidì. Il suo corpo divenne teso mentre fulminava Seraphina con lo sguardo. Gli occhi della principessa dei lupi mannari scivolarono verso la femmina dei fae oscuri. Eppure, invece dell'ostilità che mi aspettavo, vidi la desolazione adombrare lo sguardo spento di Seraphina. Lei chinò il capo in un cenno educato ed entrò per prima nella sala, senza mai voltarsi indietro.

Rimasi lì, come radicato al suolo. Ogni pensiero coerente abbandonò la mia mente, lasciando solo un caos confuso. Desideravo ardentemente andare da lei, ma sapevo di non poterlo fare. Sentivo le mani insensibili; il bisogno di toccarla, di stringerla, mi bruciava nel petto come fuoco. Deglutii e presi un respiro profondo per calmarmi. Dando un'occhiata a Rosalina, vidi che fissava ancora il punto in cui si trovava Seraphina.

«Andiamo,» dissi. «Entriamo.»

Guidandola nella Sala Grande con una mano sulla parte bassa della sua schiena, prendemmo rapidamente posto.

Non appena mi sedetti, i miei fratelli mi furono addosso.

«Ehi,» sibilò il principe Darius. «Che diavolo sta succedendo?» Rimasi in silenzio, con lo sguardo fisso sul soffitto. Avrei preferito non guardare nessuno né niente. Ma Darius non era della stessa idea. Mi afferrò una spalla e me la scosse. «Lys, rispondimi.»

Mi voltai di scatto verso di lui, facendo spuntare gli artigli d'ombra. «Cosa vuoi che ti dica?» sibilai.

Dall'altro lato di Darius era seduta la nostra sorellina, la principessa Nyx. La sua fronte delicata era corrugata dalla preoccupazione. «Potresti iniziare col dirci quando avevi intenzione di informare i tuoi fratelli che avevi trovato la tua compagna predestinata.» Il dolore balenò nei suoi occhi, trafiggendomi il petto come una lama.

Il mio sguardo si addolcì mentre guardavo la mia sorellina. «Non potevo dirtelo, Nyx.»

Lei si inumidì le labbra, abbassando lo sguardo prima di incrociare di nuovo il mio. «Perché?»

Serrai la mascella, distogliendo lo sguardo. «Perché non volevo che fosse vero. Una parte di me sperava che fosse impossibile, che sarebbe tutto svanito.»

Seguì una pausa carica di tensione. Poi, la comprensione si fece strada nei suoi occhi. Annuì lentamente. Nyx e Darius si scambiarono uno sguardo eloquente. Così tanto fu comunicato in quell'occhiata. Darius si rivolse di nuovo a me.

«Siamo con te, in ogni caso,» disse Darius con un cenno deciso. Dietro di lui, Nyx annuì.

Un nodo mi si formò in gola. Deglutire non servì ad allentarlo. «Grazie.»

Re Silvion, il re degli elfi, diede inizio alla riunione. Si rivolse a re Fenris. «Allora, qual è la vostra decisione?»

Re Malachar sedeva in attesa delle sue parole. Il respiro mi si bloccò nei polmoni, rifiutandosi di muoversi.

Re Fenris si alzò in piedi, quasi barcollando. Le sue spalle sembravano gravate da un peso insopportabile. Pareva invecchiato di anni in poche ore. Raddrizzandosi, il re dichiarò: «È stato deciso.» I tendini del collo gli si tesero mentre deglutiva a fatica. «Accettiamo l'unione tra il principe Lysander e la principessa Seraphina.»

Il mondo si inclinò sul suo asse e un senso di leggerezza mi avvolse, come se stessi precipitando in un abisso. Guardando dall'altra parte della Sala Grande, i miei occhi trovarono quelli di Seraphina. Lessi la stessa cupa rassegnazione che si rifletteva nel mio sguardo brillare nelle sue profondità di zaffiro.

E mentre le ultime parole echeggiavano nel silenzio, un brivido percorse la stanza, non proveniente dalla magia di Silvion… ma da qualcos'altro.

Qualcosa che osservava.

Qualcosa che attendeva.

Qualcosa che era appena stato invitato a entrare.

E solo Seraphina se ne accorse.

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