Capitolo 5

"Oltre a essere solo la ragazza invisibile, non è che conti. È solo una stupida e debole umana." Disse avvicinandosi a lui e strofinandogli il braccio. Non so perché, ma c'era qualcosa in me che mi faceva venire voglia di strapparle le braccia. Ero gelosa. No, impossibile! Come posso essere gelosa di qualcuno che non conosco nemmeno? Non conosco nemmeno il suo nome. Strinsi gli occhi verso quella sgualdrina. Volevo dire qualcosa, ma tenni la bocca chiusa. "Come ti chiami?" Le chiese dolcemente. Volevo vomitare; è disgustoso. La sgualdrina gli diede quello che suppongo dovesse essere un sorriso seducente. "Gwen Lloyd." Disse la sgualdrina, passando il dito lungo la clavicola. Blahhhhhh, ho appena vomitato in bocca. "Signorina Lloyd, prima di tutto, uscire con uno studente è severamente vietato, quindi sarà un NO per il drink. Secondo, devi togliere la mano da me, la mia compagna non apprezzerà il tocco indesiderato." Disse, rimuovendo la sua mano dal braccio. "Perché non la rifiuti e lasci che sia io a soddisfarti in modi che lei non potrebbe mai. Posso farti impazzire." Sussurrò, beh non proprio sussurrando perché l'ho sentita. Era silenziosa come una sirena. Avrei voluto non sentirla, però, chiunque sia la sua compagna, è una ragazza fortunata. Suppongo, a questo punto, che "compagna" significhi fidanzata, fidanzato, partner. Sono così confusa. Non ho idea di quale mondo alternativo mi sia stata gettata.

Non volevo restare e continuare a guardare, così lentamente mi girai e iniziai a uscire dalla stanza. "Signorina Hawk, ho bisogno che resti per favore. Abbiamo alcune questioni da discutere. Signorina Lloyd, per favore esca dalla stanza e le suggerisco di abbandonare questo corso e forse anche di trovare un nuovo indirizzo di studi più adatto alle sue capacità." Oh, cavolo! Non ha appena detto questo. Era arrabbiata, lo vedevo nei suoi occhi. Suppongo che nessuno le abbia mai parlato in quel modo. "Come osi!!" Urlò. "Pagherai per questo!" Disse, schiaffeggiandolo e poi uscendo furiosa. Volevo correre e lenire il punto in cui l'aveva schiaffeggiato, ma dovetti fermarmi. Mi sentivo male, dopotutto, era colpa mia. Ora lui avrà problemi. "Mi dispiace. Non volevo che succedesse nulla di tutto questo." Sussurrai. Lui mi guardò confuso. "Non hai nulla di cui scusarti, non hai fatto nulla di sbagliato, niente di tutto questo è colpa tua. Inoltre, non avrò problemi." Cercò di rassicurarmi. "Ho te come testimone che è stata lei a gettarsi su di me e io ho gentilmente rifiutato." Sorrise. Feci spallucce. "Uh... sì, fammi sapere se qualcuno ha bisogno di parlarmi." Gli dissi. Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti. "Forse dovrei andare." Mi avvicinai alla porta, prima che potessi mettere la mano sulla maniglia, mi girò rapidamente verso di lui e mi chiuse tra le sue braccia. Abbassò il viso verso il mio, il suo alito caldo e mentolato sfiorava le mie labbra. Si avvicinò al mio orecchio e lo sentii inalare. "Mmmmm, che dolce profumo, vaniglia e caprifoglio." Sussurrò mentre baciava la pelle nella curva del mio collo. Dovetti mordermi il labbro inferiore per non lasciar uscire il gemito che si era accumulato. Tutto quello che potevo fare a questo punto era stringere la sua camicia nelle mie mani e chiudere gli occhi. Non potevo muovermi, non potevo scappare, non che volessi, tutto questo sembrava così bello e così giusto per qualche motivo. Per quanto tutto questo sembrasse giusto, dovevo allontanarmi da lui, non posso coinvolgermi con nessuno, specialmente non con il mio istruttore. "S-s-signore, p-p-per favore, l-l-lasci m-m-m-andare." Riuscii finalmente a balbettare.

Prima che potessi dire altro, una voce maschile urlò dalla cima dell'aula magna: "Blasé, dai andiamo... Silas, stronzo, vattene!" Il mio istruttore, che ora so si chiama Blasé, sembrava davvero arrabbiato. Questo tizio, Silas, scese le scale saltellando. "Amico... oh cavolo! Scusa, non sapevo che stessi facendo lezioni private." Sorrise. "Silas! Se non te ne vai subito, non uscirai di qui sulle tue gambe." Blasé disse con tono furioso. Allentò la presa abbastanza da permettermi di aprire la porta e me ne andai di corsa. "Storm! Aspetta, per favore torna indietro." Mi gridò per farmi fermare. Non c'era modo che mi fermassi. Corsi fuori di lì dirigendomi verso il quad, dovevo trovare Summer.

"Ehi Stormie! Qui!" Summer chiamò. Mi avvicinai al punto dove era seduta. "Ehi Summer." Dissi ancora cercando di riprendere fiato. "Era ora, pensavo ti fossi dimenticata di me." Mi guardò con un cipiglio. "Scusa, sono stata trattenuta." Le dissi. "Scommetto di sì." Ridacchiò e mi strizzò l'occhio. "Qui, mangia, sembri un po' pallida." Disse porgendomi il mio pranzo. Presi il sacchetto che conteneva un panino con roast beef, patatine e tè. Avevo davvero fame; non avevo avuto la possibilità di fare colazione a causa del piccolo fiasco di stamattina. Restammo in silenzio per un po', ero persa nei miei pensieri riguardo agli eventi di prima. "Come può succedere tutto questo? Sono così confusa." Sussurrai a me stessa pensando che nessuno potesse sentirmi. "Come può succedere cosa? Di cosa sei confusa, Mimi?" Chiese guardandomi con vera preoccupazione.

"Aspetta? Cosa?" La fissai. "Mi hai appena chiamato Mimi?" Scrollò le spalle. "Sì. Mi piace, a te no?" Chiese un po' triste. "Nessuno mi ha mai dato un soprannome prima." Sorrisi. "Bene, ora ne hai uno. Allora, dimmi cosa è successo che ti ha fatto correre qui come se avessi il diavolo alle calcagna?" Chiese dandomi un sorriso caldo e preoccupato.

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