Gabbia dorata

ENZO

Era una giornata stupenda. Ero estremamente felice. Non sapevo perché, ma il cuore non riusciva a smettere di battermi forte per l'emozione. Un leggero bussare alla porta del mio ufficio mi fece alzare lo sguardo. «Avanti!» risposi con calma, tornando al lavoro. Volevo finire il prima possibile. Non vedevo l'ora di rivederla. Monty entrò nel mio ufficio e mi guardò.

«Oggi sembri più felice. Si sono sistemate le cose tra te e tua moglie, capo?» mi chiese Monty, posando un fascicolo davanti a me. Non sapevo di essere così trasparente. Monty era una delle persone che mi conosceva meglio. Era per questo che era il mio braccio destro. Ed era temuto anche dalle altre bande, perché non ascoltava nessuno tranne me.

Presi il fascicolo che avevamo ricevuto sui nostri rivali e iniziai a leggerlo. «Diciamo che le cose sono migliorate. Ma devo ancora fare qualcosa per ottenere qualcos'altro» risposi a bassa voce. Cercai di nascondere la frustrazione, ma fu quasi impossibile.

Rimisi il fascicolo sulla scrivania e aprii uno dei cassetti. Afferrai una busta che avevo preparato in anticipo. «Tieni, porta questa all'università di Cagliari e assicurati che venga accettata. Non voglio sentire scuse» gli ordinai a voce bassa. Stavo cercando di non dare a vedere quanto fossi entusiasta della cosa. Non capivo nemmeno il perché. Dopotutto, ora era mia moglie. Potevo ottenere tutto ciò che volevo. Eppure, mi eccitava l'idea di baciarla dopo che avesse ricevuto la conferma della sua ammissione.

«Torni all'università, capo?» chiese Monty, e io alzai gli occhi al cielo.

«E adesso che ci farei all'università? È per Ariana. Vai e assicurati che sia tutto a posto prima che torni a casa» aggiunsi con tono frustrato. Vedevo che aveva un sacco di domande da farmi, ma rimase in silenzio e annuì.

Monty sapeva quando era il momento di stare zitto. Era per questo che lavorava con me fin dall'inizio. Sapeva quando doveva togliersi dai piedi. «La riunione con gli strozzini è tra un'ora. Arriveranno a momenti» mi informò sulla prossima riunione, per poi uscire dal mio ufficio.

Sospirai, guardando l'orologio. La riunione serviva ad assicurarmi che gli strozzini stessero alla larga dalla famiglia di Ariana. Il contratto era il fascicolo che Monty aveva lasciato sulla mia scrivania, e stavo controllando che fosse tutto in regola. Con quello, avrei dato loro l'ultima parte dei soldi. Dopo aver letto tutto attentamente, lo rimisi sulla scrivania.

Come mi aspettavo, gli strozzini arrivarono nel mio ufficio quindici minuti prima della riunione. Anche loro erano molto ansiosi di firmare il contratto con me. Quel contratto doveva garantire che Ariana non avesse alcuna via di fuga. La volevo prigioniera, completamente incatenata a me. Sì, ero uno stronzo. Ma non mi importava più.

Monty li fece accomodare nella sala riunioni fino all'ora stabilita. Presi il fascicolo e uscii dal mio ufficio. Monty aveva già riempito una valigia con tutto il contante che restava da dare loro. C'erano due contratti. Uno per me e uno per Chuck, il capo della banda di strozzini.

Una volta firmato, si sarebbe dichiarato che era stato Chuck a portare il contratto. In realtà, ero stato io a prepararlo con i punti chiave che avrebbero rinchiuso Ariana per sempre nella gabbia dorata che avevo creato per lei.

Appena entrai, Monty mi fece un cenno col capo. Chuck stava sbavando sulla borsa piena di contanti. I suoi uomini li contavano per assicurarsi che avessi mantenuto la parola. Mi sedetti sulla mia poltrona e lanciai il contratto a Chuck. «Leggi attentamente questo contratto. Se c'è qualcos'altro che vuoi cambiare, puoi dircelo. Aggiungeremo tutto ciò che desideri. Ma una volta firmato, non potrai nemmeno più guardare in faccia la famiglia Rossi» dissi con calma, fulminandolo con lo sguardo.

Mai in vita mia mi ero seduto di fronte a dei ratti come Chuck. Ai miei occhi, gli strozzini non erano altro che topi. L'unica ragione per cui avevo deciso di raggiungere un accordo era il mio premio. In tutta quella situazione, Ariana era il mio premio. Chuck afferrò il fascicolo e lo passò al suo avvocato, che iniziò a esaminare tutti i punti.

«Sembra perfetto. Se anche i soldi sono a posto, possiamo procedere a firmare e chiudere la faccenda» disse l'avvocato, informando Chuck. Chuck non aspettò la conferma dei suoi uomini. Prese la penna dalla tasca e firmò il contratto.

Monty prese il documento e si avvicinò a me. Controllai prima ogni cosa, per assicurarmi che non avesse provato a fregarmi. Una volta certo che fosse la vera firma di Chuck e che le firme su entrambi i contratti fossero identiche, firmai anch'io e Monty ci appose il timbro col nome della nostra banda. Si alzarono tutti in piedi dopo che Monty consegnò loro la copia del contratto che gli spettava.

«È stato un piacere fare affari con lei, signor De Luca» disse Chuck con il suo marcato accento italiano. Mi tese la mano, ma non ero interessato a stringergliela. I topi sono prede per i gatti. E io ero il leone. Non poteva nemmeno pensare di toccare il leone con le sue mani sudicie.

«È un piacere fare affari con lei, ma preferirei che si tenesse alla larga e non guardasse mai più la mia gente. Perché la prossima volta non firmerò nessun contratto. Le staccherò quella cazzo di testa» lo avvertii, fissandolo dritto negli occhi.

Avevo fatto qualcosa di molto crudele. E dovevo assicurarmi che nessuno scoprisse mai cosa avevo fatto davvero. Ariana non avrebbe mai dovuto scoprire la verità. Per lei era meglio sapere solo che sarebbe stata mia moglie finché morte non ci avesse separati. Dopo questo accordo, sarei diventato il suo eroe. Volevo che mi fosse grata per sempre.

«La capisco, signor De Luca. Non proverò mai più a incrociare la sua strada, né quella della sua famiglia o della sua gente. Le do la mia parola» disse Chuck, portandosi una mano al cuore mentre giurava di stare lontano dal mio mondo. Era tutto ciò di cui avevo bisogno. Annuii in segno di approvazione. Dopodiché, Chuck, i suoi scagnozzi e il suo avvocato lasciarono il mio ufficio per sempre.

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