Capitolo 5

Mi sfuggì un gemito soffocato prima che potessi trattenerlo, mentre il viso mi diventava incredibilmente caldo. La sua gamba si era insinuata tra le mie e, non portando le mutandine, ero nuda per lui.

Ero calda e bagnata, e la sensazione del morbido cotone dei suoi pantaloni contro la mia pelle era… deliziosa.

«S-smettila», balbettai, solo perché l'orgoglio non mi permetteva di starmene zitta e accettare il piacere che mi veniva offerto.

Lui ridacchiò piano, con la sua voce bassa e profonda che, mio Dio, suonava così sexy. Forse stavo ovulando? Avevo saltato la data?

«Dillo come se lo pensassi davvero, tesoro», sussurrò, avvicinandosi per leccarmi il collo, «e forse smetterò».

«Smettila», ci riprovai, ma suonò ancora più patetico della prima volta. E quello fu l'invito di cui questo sconosciuto aveva bisogno.

Mi liberò le mani, tolse la gamba e, prima che potessi mettermi in imbarazzo piagnucolando e supplicandolo di continuare, mi aprì la vestaglia.

«Cazzo», ringhiò, con il respiro affannoso. «Cazzo, Rosette. Guarda che seni. Guarda come sono pieni e rotondi, mi pregano di prenderli in bocca».

Era buio. Non c'era una sola luce che illuminasse il corridoio, quindi come faceva a vedermi? Io non riuscivo nemmeno a distinguere il suo aspetto. Non vedevo nulla. Quindi, come?

«Come…»

Prima che potessi finire la frase, la sua bocca fu su di me, la lingua che si avvolgeva attorno al mio capezzolo, la mano che giocava con l'altro seno, impastandolo e premendolo.

Gemetti, appoggiando la testa al muro e chiudendo gli occhi mentre un piacere rovente mi consumava.

Era sbagliato, così maledettamente sbagliato. Mia madre si era sposata con un membro di questa famiglia e, che mi piacesse o no, queste persone erano la mia famiglia. Quindi non avrei dovuto farlo, ma proprio l'idea che fosse proibito, che non dovessimo farlo, non faceva che eccitarmi di più. E mi fece anche provare una nuova emozione: l'attesa.

Volevo vedere cosa avrebbe fatto dopo. Quali vette di piacere mi avrebbe fatto raggiungere. E fu così che le mie mani si alzarono e si intrecciarono tra i suoi capelli, aggrovigliandosi.

Lui grugnì in segno di approvazione, la sua bocca che divorava il mio seno come se fosse la salvezza e lui un uomo in punto di morte.

Gemetti, i fianchi che si muovevano alla ricerca di qualcosa contro cui strusciarsi, qualsiasi cosa per alleviare quel calore.

Allontanò la bocca e questa volta piagnucolai.

«Così bisognosa», ridacchiò, e sentii un fruscio.

Poi fu di nuovo su di me, ma stavolta si premette contro il mio corpo nudo, e potei sentire il suo cazzo, il suo cazzo nudo. Mi fece voltare, spingendomi il petto contro la parete. Il freddo del muro contro i capezzoli fu così eccitante che non riuscii a trattenere il gemito che mi uscì.

Mi afferrò i fianchi e mi spinse la schiena verso il basso, inarcandomi per lui.

«Mi piacerebbe da morire fottere la tua figa bisognosa», disse con voce roca, strofinando la punta del suo cazzo sulla mia apertura, «ma voglio tenerlo per quando potrai vedermi in faccia, così potrai guardarmi negli occhi mentre ti scopo come un animale».

Il suo cazzo scivolò tra le mie gambe e tra le mie pieghe, senza penetrarmi, ma rimanendo proprio lì in mezzo. Poi mosse i fianchi e gememmo entrambi.

«Oh, mio Dio!» gemetti, inarcando ancora di più la schiena verso di lui.

«Kade, piccola» ringhiò, afferrandomi i capelli. «Kade è il nome che dovresti gemere».

Kade si mosse di nuovo, scopandomi senza scoparmi. Strinsi le gambe, intrappolando il suo cazzo, e lui gemette forte.

«Che brava ragazza. Ah… Rosette, sei così bagnata. Chissà che sensazione darai da dentro. Sarai calda e stretta come spero? La tua figa risucchierà il mio cazzo come quella di una troia?»

Non mi piaceva parlare sporco, o almeno così credevo. Più lui parlava, più mi bagnavo. Il mio corpo tremava, le mie pareti si contraevano, implorando di essere penetrate.

«Guarda come sei fradicia, ricopri il mio cazzo con i tuoi succhi. È così eccitante, Rosette. Così fottutamente eccitante».

«S-smettila».

«Vuoi davvero che smetta? La tua bocca parla una lingua, ma il tuo corpo ne parla un'altra. Non dovreste essere allineati?»

Riuscii solo a gemere in risposta mentre lui continuava a muoversi, il suo cazzo che scivolava dentro e fuori dalle mie pieghe, provocando la frizione più dolce che ci fosse: era quasi bello quanto essere penetrata. Poi le sue mani iniziarono a giocare con i miei seni, pizzicandomi i capezzoli. E stavo venendo con il nome di Kade sulle labbra, gli occhi che si rovesciavano all'indietro, il corpo scosso dai tremiti.

Lui grugnì, chinandosi a baciarmi una scapola prima di morderla delicatamente. Poi fu scosso da un fremito, spingendo forte e veloce, con il respiro affannoso. Emise un grugnito e appoggiò entrambe le mani al muro.

Espirò, le labbra ancora sul mio collo. Poi mormorò con una voce bassa e roca: «Il mio nome sulle tue labbra suona come peccato».

«Beh, che spettacolo».

Mi staccai di scatto da Kade e, voltandomi, vidi la figura di Axel appoggiata allo stipite della sua porta, con le braccia conserte. Non riuscivo a vedere un accidente, ma potevo dire che era ancora nudo. E sentivo i suoi occhi su di me, ardenti e duri.

«Ti è piaciuta la sensazione del cazzo di mio fratello tra le gambe, Rosette?»

Caddi in ginocchio sul pavimento, cercando la vestaglia dove era caduta. Aveva visto tutto. Axel, quel bastardo, era rimasto lì a guardare ogni cosa. E ora che la nebbia del desiderio si era diradata dal mio cervello, provavo disgusto per me stessa.

Che cosa ho fatto? Perché diavolo l'ho fatto?!

«Non hai protestato come hai fatto con me» continuò Axel, con una voce stranamente piatta. «Forse preferisci i bastardi freddi e senza cuore? Potrei esserlo, se è quello che vuoi».

«Potresti… smetterla, per favore?» lo supplicai, con la voce tremante, ancora in ginocchio. E, sorprendentemente… lo fece.

Non riuscivo a trovare la vestaglia e stavo per arrendermi e correre nuda in camera mia, quando sentii qualcosa di morbido e caldo avvolgermi le spalle.

Axel era ancora immobile, quindi non poteva che essere Kade. Mi strinsi la vestaglia attorno al corpo tremante, mi alzai in piedi e corsi dritta in camera mia.

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