Capitolo 2

Dalla spalla, nel punto in cui era stata trafitta dallo scettro affilato, un liquido dorato cominciò a macchiare l'acqua intorno a Nixxon.

«Padre!» lo chiamò Nixxon con rabbia, fissando prima la ferita e poi suo padre con uno sguardo truce.

«Questo sangue te l'ho dato io, e ho il diritto di togliertelo» disse Re Nereo con una voce profonda e furiosa.

«Arrgh! Ugh!» Nixxon ringhiò per il dolore quando suo padre estrasse con violenza lo scettro dalla sua spalla.

Le sue scaglie si accesero all'improvviso di colori intensi e brillanti che si propagarono per tutta la stanza, costringendo Valtira e Re Pelagio a coprirsi gli occhi con le braccia per proteggersi da quel caos cromatico.

Quando la luce si affievolì, Valtira guardò lentamente Nixxon e rimase sorpresa nel vedere che la ferita era completamente sparita. Si voltò di scatto verso suo padre, un'espressione sbalordita sul suo bel viso.

«Il potere del sangue d'oro» commentò Re Pelagio, attonito.

Sapevano bene cosa avrebbe significato per loro riuscire ad avere una discendenza con il sangue d'oro. Con quel sangue avrebbero potuto governare tutti i regni sottomarini!

In quanto membro della famiglia reale, il sangue di Nixxon era dorato, ma non tutti i tritoni di stirpe reale lo possedevano; era una prerogativa solo dei discendenti di una pura e potente linea di sangue.

Il sangue d'oro era simbolo di grande forza, potere e di una guarigione senza pari, oltre a molte altre qualità.

La stirpe del sangue d'oro era anche nota per usare il proprio sangue per mantenere obbedienti gli schiavi; mescolandolo con un certo tipo di pozione mistica e somministrandolo ai propri servi, li legava a sé lasciandoli alla mercé del loro padrone.

«Sarai rinchiuso fino al momento del rito nuziale, domani sera!» tuonò Re Nereo, furibondo.

«Thallaneus!» chiamò a gran voce.

Immediatamente comparve un tritone imponente, con una spessa catena d'argento al collo; sul petto della guardia-schiavo si poteva vedere chiaramente inciso il volto di Re Nereo.

«Chiudilo nella sua stanza. Non farlo uscire fino a domani sera».

«Come desiderate, mio Re» rispose Thallaneus, chinando il busto in un inchino.

«Io non la sposerò, padre!» ribatté Nixxon, irremovibile.

«Mi dispiace, Principe Nixxon, ma devo eseguire gli ordini del Re» disse Thallaneus, avvicinandosi a lui.

«Non mettermi le mani addosso, Thallaneus» lo avvertì Nixxon.

«Allora vi seguirò, mio Principe» disse Thallaneus rispettosamente.

Nixxon si allontanò da suo padre con una nuotata rabbiosa, lanciando un'occhiataccia a Re Pelagio prima di risalire velocemente verso la sua stanza, percorrendo le stesse scale di prima.

«Mi dispiace, mio Principe» disse Thallaneus, chiudendo lentamente la massiccia porta di roccia di Nixxon.

Nixxon sentì il suono della serratura che scattava e, furioso, usò la sua potente pinna caudale per scaraventare a terra il bellissimo vaso di conchiglie che conteneva un mazzo di alghe, mandando in frantumi quella decorazione un tempo meravigliosamente colorata.

Si guardò intorno per la stanza con rabbia, cercando qualcos'altro da rompere. Aveva bisogno di sfogare quella furia incontenibile che sentiva dentro, ma non riuscì a distruggere nient'altro; si sentiva già in colpa per il vaso, i cui pezzi erano ora sparsi sul pavimento.

Quello era il suo santuario, ma suo padre voleva trasformarlo in una prigione. Non si sarebbe piegato alla sua tirannia.

Emise un profondo sospiro e nuotò lentamente verso il suo divano ricurvo, fatto di coralli e conchiglie.

Vi si lasciò cadere sopra e fissò il soffitto. I delicati filamenti di alga che pendevano come lampadari catturarono la sua attenzione, mentre si perdeva nei suoi pensieri.

Distrattamente, spostò lo sguardo dal soffitto alle finestre ad arco in vetro; la sua stanza si trovava in alto nel castello e gli offriva una vista panoramica del regno.

«Un regno pieno di gente illusa» sussurrò, sollevandosi e avvicinandosi alla finestra sigillata. Vi appoggiò la fronte, con le mani ai lati della testa.

Guardò fuori, verso il vasto e meraviglioso paesaggio. Vedeva le luci calde brillare attraverso le finestre delle case a cupola e le creature nuotare liberamente, intente nelle loro attività quotidiane, senza nessuno che dettasse loro come vivere.

Li invidiava, ma c'era un'altra creatura che invidiava più di tutte: gli esseri umani.

Sua madre gli aveva raccontato innumerevoli storie incantevoli sugli umani, e gli aveva persino promesso che, una volta cresciuto, lo avrebbe portato fuori dall'oceano per vedere come ridevano di gioia e giocavano liberamente vicino alla loro acqua. Aveva anche imparato qualche parola della loro lingua, anche se sua madre non gli aveva mai detto come le avesse apprese.

Non gli era mai stato permesso di salire in superficie, e la sua unica speranza di vedere quelle creature felici era morta. Sua madre era morta.

Sospirò e tornò al divano. Stava per chiudere gli occhi quando sentì che la porta veniva aperta.

Le sue branchie si tesero, all'erta e pronto a un altro scontro con suo padre, ma quando la porta si aprì, non fu lui a entrare, bensì suo fratello, Maren.

Sbuffò e gli voltò le spalle, tornando a guardare fuori dalla finestra.

«Hai disobbedito di nuovo a nostro padre?» chiese Maren, entrando nella stanza.

Nixxon continuò a ignorare il fratello, con lo sguardo fisso fuori dalla finestra.

«Ignorarmi non mi farà andare via, fratello. Proprio come i tuoi problemi, non spariranno solo perché fai finta che non esistano» disse Maren, nuotando con disinvoltura verso di lui. Si manteneva a galla al suo fianco con un lento movimento della coda.

«Metti fine a tutte queste seccature e sposa Valtira, Nixxon. Per il regno e per nostro padre» aggiunse Maren in tono convincente.

«Non mi importa né di nostro padre né del regno» rispose Nixxon con voce bassa e rabbiosa.

«Non ripeterlo mai più!» lo rimproverò Maren.

Nixxon rise seccamente, alzando lo sguardo verso il viso del fratello accanto a sé.

«Visto che sei così devoto al tuo regno, allora fatti avanti e sposa tu Valtira. Dopotutto, sei tu il legittimo erede al trono» lo sfidò Nixxon.

«Non parlarmi in questo modo!» sbottò Maren, la cui rabbia cresceva a ogni parola.

«Non puoi darmi ordini!» urlò Nixxon furibondo.

Maren lo fulminò con lo sguardo. Le sue scaglie grigio-argento iniziarono a scurirsi, tradendo la sua ira.

«Sappi questo, fratello» disse Maren, nuotando più vicino a Nixxon e accostando il viso al suo.

Nixxon non si tirò indietro; fissò il fratello dritto negli occhi, mostrando la propria rabbia attraverso il colore cangiante delle sue scaglie.

«Sposerai Valtira, a ogni costo!» sibilò Maren a bassa voce. Poi, infuriato, uscì nuotando e sbatté la porta della stanza di Nixxon. L’onda d’urto fece tremare le conchiglie decorative appese alle pareti.

«Maledetto, Maren!» imprecò Nixxon, usando la coda per far cadere un altro vaso dal davanzale.

Non ne poteva più. Per tutta la vita era vissuto all’ombra del fratello e aveva accettato quella condizione, persino apprezzandola. E allora perché all’improvviso volevano metterlo sotto i riflettori, farlo diventare re? Non sarebbe mai successo.

Doveva andarsene… sì, doveva trovare un modo per fuggire.

Stava ancora rimuginando su come scappare quando il riflesso del vaso rotto attirò la sua attenzione su un segno sotto il tappeto erboso che copriva il pavimento.

Socchiuse gli occhi e si abbassò per esaminare di cosa si trattasse. Scostò con delicatezza i cocci dal pavimento e sollevò il tappeto.

Con sua grande sorpresa, scoprì un coperchio rotondo di marmo incastonato nel pavimento.

Cos’era? Un tunnel?

Aggrottò la fronte.

Quella era la sua stanza; ci aveva dormito per tutta la vita e non si era mai accorto di una cosa simile.

Ma, mentre fissava il coperchio marmorizzato, un'immagine gli balenò improvvisamente in testa.

Si ricordò di quando sua madre aveva litigato con suo padre; lei aveva finto di essere arrabbiata, dicendogli che avrebbe dormito nella sua stanza. Quella stessa notte, lui si era svegliato a mezzanotte solo per scoprire sua madre che nuotava giù, attraverso il buco sotto il coperchio.

All'improvviso, Nixxon sorrise. Ricordò che più tardi sua madre era tornata a casa passando per i cancelli principali, il che significava che quel tunnel conduceva fuori dal castello.

Nixxon sentì una certa felicità ribollirgli dentro.

Finalmente sarebbe stato libero!

Infilò un dito nell'anello dorato al centro del coperchio marmorizzato e tirò... non si mosse di un millimetro.

Nixxon sbuffò: aveva sottovalutato il peso del coperchio. Ci riprovò, questa volta usando più forza.

Finalmente il coperchio si sollevò e lui lo posò senza far rumore sul pavimento, accanto a sé.

Per un secondo, fissando il tunnel nero come la pece, ebbe paura, ma quando si ricordò da cosa stava cercando di fuggire, si fece coraggio e si tuffò dritto nel passaggio.

L'acqua nel tunnel sembrava più fredda di quella di sopra, ma ciò non lo distolse dalla sua decisione. Andò avanti, nuotando veloce ma con cautela.

Nixxon nuotò a lungo, quasi dubitando della sua scelta, ma ben presto vide dei fiochi raggi di luce danzare dal fondo del tunnel, più avanti.

Si fermò, tendendo l'orecchio per capire se fosse stato scoperto.

«Chiudetelo dentro, finché il re non ordinerà il suo rilascio» sentì all'improvviso la voce di Thallaneus provenire da sotto.

Continuò a nuotare lentamente e, una volta raggiunta la fonte di luce, sbirciò attraverso una piccola finestra con le sbarre, scoprendo di trovarsi sopra le segrete del castello.

Vide le guardie spingere alcune persone nelle celle attraverso la piccola apertura a sbarre, simile a una gabbia.

Si affrettò a proseguire. Qualunque cosa stessero facendo non era più affar suo; doveva sbrigarsi prima che si accorgessero della sua assenza.

La fine del tunnel era bloccata. Dovette spingere e spingere ancora prima di riuscire ad aprirla.

Uscì in fretta e la richiuse alle sue spalle. Guardando davanti a sé, si accorse di essere arrivato dietro la recinzione del castello.

Ottimo: non veniva quasi mai nessuno da quelle parti, e la zona era deserta e poco illuminata, perfetta per la sua fuga.

Nuotò via, senza una meta precisa, ma era sicuro che sarebbe stato molto lontano da quel regno prima dell'arrivo del domani.

Se n'era andato, per non tornare mai più.

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